Periferico sarai tu! Cambiare parole e modi di agire sarebbe già un buon progetto
Più semafori agli incroci, spazi verdi e belli per giocare, turni più brevi in mensa, strade pulite, negozi che vendono caramelle a pochi centesimi. Leggo di nascosto, scritte in stampatello su un foglio, le proposte che la mia figlia novenne ha fatto per il parlamentino della Scuola, precoce forma di partecipazione politica introdotta nelle scuole dal sindaco di Milano. Sono richieste di buon senso, tutte urbane. Le stesse che formulerebbe qualsiasi cittadino ragionevole. Vogliamo muoverci in sicurezza, avere spazi belli e comodi sotto casa, se ci pulite le strade siamo felici mentre se spariscono tutti i negozi sotto casa la qualità della nostra vita si impoverisce. Meglio asili, scuole, uffici pubblici, presidi sanitari? non troppo distanti da casa. Basterebbe prenderle sul serio queste richieste. E invece il dibattito sui luoghi dove la gente vive – e in particolare sulle periferie urbane – pecca sempre di un eccesso di misura: gli architetti, anche i più generosi come Renzo Piano che sul tema torna ormai quotidianamente, propongono grandi trasformazioni, interventi di peso, inserimento di funzioni di eccellenza, stravolgimenti dello spazio pubblico. Come se la mano pubblica dovesse essere anche mano pesante. Al nulla contrappongono il tutto, il grande, il progetto eccellente. Perché s?immagina che il grande progetto cambiando lo spazio possa anche plasmare i comportamenti umani. Nulla di più assurdo. Spesso tra architetture e comportamenti si crea un...
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