Quando l’architettura cambia pelle
“L?ornamento è delitto”, dichiarava senza mezze misure Adolf Loos all?inizio del Novecento, e tutti noi siamo figli di quel divieto. Ogni orpello, ogni decorazione, ogni piccolo fregio è stato a lungo bandito dall?architettura come un inutile sovraccarico di cui liberarsi. Per decenni abbiamo coltivato il mito di un?architettura bella perché vera, rivelatrice di forme, strutture, reti di servizio. L?ornamento e la decorazione, la cura dei colori e dei dettagli è stata relegata all?interno degli edifici, dove si sono moltiplicati gli stili, i linguaggi, le sperimentazioni.
Con un?operazione progettuale di sovversione, oggi è sempre più frequente veder rovesciato sull?esterno dell?edificio un tipico linguaggio dell?interno, reinterpretato, modificato, adattato affinchè torni ad essere linguaggio adatto allo spazio pubblico. La pitturazione creativa delle superfici così come le nuovissime carte da parati da esterni mutuano il proprio disegno ora dall?iconografia dei murales urbani, ora da pattern geometrici o floreali fino ad arrivare alle soluzioni più minimali di sottolineatura di forme e volumi. Non sono operazioni registrabili alla voce “street art” perchè non emerge il tratto distintivo dell’autore ma non sono neanche Architettura disegnata, perchè non hanno tale presunzione.
Anche quando mimetiche – perchè richiamano marmi o mattoni – questi decori non sembrano avere un intento di camuffamento. Dichiarano con ...
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